Riconoscimenti in onore della prima nata post terremoto Romina e Franco.

Data evento:
Dom, 7. Agosto 2016

 Riconoscimenti in onore della prima nata post terremoto Romina e Franco.

Una donna incinta sfidò le frane e partorì in ospedale a Udine

di Barbara Cimbaro Se non fosse stato per il terremoto Romina Pinosa non sarebbe nata il 7 maggio 1976. Il suo documento di identità porterebbe una data successiva. Ad accelerare il parto fu il terrore sopportato dalla madre, Adriana Bazzaro, che la sera del 6 maggio 1976 era all'ottova mese di gravidanza. Abitava a Villanova delle grotte, la frazione che pur avendo subito meno danni di altre uscì a pezzi dal terremoto. Lo stesso vale per Adriana che quando si trovò in balia del movimento ondulatorio e sussultorio capì subito che nulla sarebbe stato come prima. In effetti, tutte le strade erano interrotte e lei avvertiva che la bambina stava per venire al mondo in anticipo rispetto alla data stabilita. Chiese aiuto, le rispose Mauro Franco di Chialminis, che non esitò un attimo a lasciare a casa la moglie pure lei all'ottavo mese di gravidanza per andare ad aiutare la donna che stava per partorire. «Le strade erano tutte inagibili e dalle montagne il rischio frane era tutt'altro che passato. A ogni scossa crollavano altri massi, mettersi in auto era rischiosissimo. Ma Adriana non voleva sentire ragione, doveva partire anche se il collegamento per Tarcento era ostruito dai massi. Analoga la situazione nel tratto verso Chialminis e la strada del Bernadia». Adriana, la madre di Romina, di quella notte conserva un ricordo molto nitido nonostante siano ormai passati 40 anni. Se ci pensa il terrore torna a crescere in lei. Il presentimento che qualcosa non andasse e quindi la necessità di raggiungere i parenti a Nimis e da lì l'ospedale di Udine, non l'abbandonò neppure per un momento. «Vedevo cosa succedeva davanti a me – ricorda –. Una squadra di operai liberava dai massi la strada per il Bernadia. Vedevo i buchi, i massi ai lati delle carreggiate e mio marito che alla guida dell'auto schivava le buche». Fu un viaggio terribile, Adriana in cuor suo sapeva che doveva consultare un medico e temeva di arrivare troppo tardi. Superando difficoltà impensate, l'auto arrivò a Nimis e Adriana tirò un sospiro di sollievo. Il marito l'affidò ad alcuni parenti per tornare subito a Villanova, dove gestiva un locale con l'unico posto telefonico pubblico, indispensabile, in quei terribili giorni, per chi voleva avere notizie dei suoi cari. In quella notte tutti pensavano agli altri anche a costo di trascurare le proprie famiglie. Adriana, intanto, continuava a non essere tranquilla, sentiva che doveva arrivare al più presto in un ospedale. I parenti l'accompagnarono al Santa Maria della Misericordia a Udine dove Romina venne alla luce. Anche l'ospedale era in emergenza: i feriti continuavano ad arrivare dalla zona terremotata e non c'era tempo da perdere. L'altro giorno a ricostruire quei momenti è stata la sorella Enrichetta, che all'epoca aveva 10 anni, durante la cerimonia inaugurale della mostra sul quarantennale del terremoto organizzata a Lusevera dal gruppo degli alpini Ana. «Signora stia tranquilla è tutto a posto non è ancora ora, però è troppo agitata preferiamo tenerla qui. Troveremo un posto nello scantinato e domani potrà tornare a casa», dissero i medici quando accolsero Adriana ignari che da lì a qualche ora Romina sarebbe venuta al mondo. Alla sera Adriana svenne forse perse coscienza, certo è che Romina voleva nascere, ma non era ancora ora. Seguirono momenti di concitazione e alla 22 il pianto di Romina risuonò come segno di speranza in un Friuli massacrato dove si contavano ancora i morti. L'emergenza era tale che non ci fu il tempo di gioire: «Qui non potete stare c'è un alto rischio epidemie» avvertirono i sanitari e così la piccola Romina a soli due giorni di vita partì da un Friuli martoriato alla volta di una piccola comunità sull'Appennino tosco- emiliano dove ancora oggi ricordano «la piccola arrivata dal Friuli terremotato». La neonata con la madre trascorse in quel luogo diversi mesi, tornò a Villanova delle Grotte quando l'emergenza era rientrata. Sicuramente dopo il 15 settembre. Oggi Romina ha 40 anni e racconta volentieri la sua storia perché sa che in fondo lei rappresenta la forza della vita.